lunedì 1 novembre 2010

Etica e Medicina di Biorisonanza

 Socrate sosteneva che “La virtù è scienza”, intendendo che la virtù è la conoscenza di ciò che l’uomo è e di ciò che lo rende migliore. Oggigiorno questa affermazione mostra caratteristica di ambiguità, poiché, dando un significato diverso al termine di “scienza”, si attribuisce alla scienza il primato sulla virtù. La scienza, allora non è soprattutto conoscenza dell’Universo, ma diventa possibilità di manipolarlo.

Platone il quale definiva la virtù, come il mezzo attraverso il quale portare armonia nelle cose, l’ordine nel disordine, l’unità nella molteplicità.
Aristotele, nell’Etica Nicomachea, identificava con la felicità lo scopo della vita dell’uomo, che non veniva raggiunta attraverso i beni materiali, ma tramite l’areté, la virtù nella quale l’anima si attua attraverso la ragione.
L’etica diventa allora il giusto mezzo, fra l’eccesso ed il difetto, l’ordine che è portato nel disordine, utilizzando le virtù dianoetiche, rappresentate dall’attività della ragione. Essa, attraverso la saggezza e la sapienza, indirizza la vita dell’uomo in maniera razionale, perché siano identificati i mezzi più adatti per raggiungere gli scopi, conoscendo, attraverso l’intelletto delle cose umane e di quelle divine.
La scienza in quanto conoscenza ci consente di definire le caratteristiche del bello, del buono, dell’uno, attraverso i “rapporti proporzionali, di ordine e di armonia a vari livelli, e quindi quei tipi di rapporti che la scienza, in particolare le scienze matematiche rivelano”.[1]
Il Tutto, però, non può essere compreso in una formula matematica: alcune caratteristiche dei sistemi biologici non sono quantificabili ed in ciò è la limitatezza della scienza, che, altrimenti, produce soltanto mistificazioni.
Osservazione ed esperienza, intesi nella possibilità di riproducibilità sono i mezzi che la scienza pone per arrivare alla conoscenza.
Prevedere gli eventi futuri, sulla base dell’esperienza fatta, significa soltanto conoscere attraverso l’uso di paradossi. Isolare l’oggetto delle osservazioni, dallo sfondo e dallo sperimentatore, ma anche da un ulteriore osservatore, significa tentare di riprodurre un evento che non esiste nella realtà da noi percepita, sia attraverso i sensi, sia conosciuta attraverso gli strumenti a nostra disposizione.
Sperimentando, si interviene manipolando sulla realtà e sugli eventi.
Sperimentare, da Bacone in poi, significa semplificare, controllare i fenomeni, intervenire per modificare le variabili che si presentano, annullandole, per poter mantenere costante tutto il resto.
La filosofia e la scienza si devono incontrare nel campo dell’etica, in quanto identificare e definire l’essenza che è al di sotto della realtà superficiale, e quindi dividere il mondo delle cose ed i processi nelle sue unità <naturali>, significa suddividere sempre di più la natura in minuscole parti.
Dal processo induttivo attraverso il quale si conosceva la natura, promosso da Bacone (nella sperimentazione si osservavano i fatti, se ne prendeva nota e se la stessa osservazione era seguita sempre dalle stesse conseguenze, si poteva trarre la conclusione che ciò rifletteva il modo in cui la natura è organizzata) e seguito per oltre tre secoli dopo la sua enunciazione, presenta, però, un problema, in quanto per quante volte quella realtà viene osservata e sperimentata, non si può in maniera assoluta, come invece esigono i filosofi, essere certi che la volta successiva accadrà la medesima cosa.
Il processo deduttivo, suggerito da Popper[2] indica che gli scienziati formulano le ipotesi sui meccanismi del mondo, elaborano le implicazioni e progettano gli esperimenti per verificarle: quindi esiste una provvisorietà delle ipotesi, giuste fintanto che resistono ai tentativi di demolizione.
Negli anni ’70 il pensiero di Popper era già diffuso nel mondo scientifico, ma lo storico Thomas Kuhn[3] osservò che “la ricerca produce risultati anomali, che non è possibile collocare facilmente nel paradigma accettato. A quel punto il paradigma deve essere puntellato con tutte le ipotesi supplementari, cosicché, diventando via via più ingombrante[4]. Prima o poi un nuovo paradigma emerge trasformando la concezione della natura, riorganizzando le vecchie domande, disponendole in un paradigma nuovo, direttamente influenzato dalle istanze economiche, politiche, sociali e culturali, episodio definito da Kuhn “rivoluzione scientifica”. 
La scienza, pertanto, non è neutrale e la sua obiettività è soltanto apparente e ristretta all’esperimento posto in atto e che, comunque, risente delle nostre aspettative sociali, filosofiche, politiche ed economiche.
Scienza e tecnica, inoltre, continuano a lavorare affiancate, ma mentre la scienza determina la conoscenza della natura, la tecnica consente di manipolarla. Tutto ciò che è manipolato è anche artificiale e non è esattamente come esiste in natura: quindi in questo processo di conoscenza “scientifica”, la natura si avvicina approssimativamente a ciò che essa, in realtà, è.
La definizione sulla malattia e sul malato devono tener conto di tutte queste riflessioni.
La manifestazione della malattia rappresenta l’espressione di un conflitto disarmonico, in cu i tre aspetti costitutivi dell’uomo (corpo, mente, spirito) necessitano di essere posti in equilibrio, non solo tra loro, ma anche con l’ambiente che circonda il soggetto. Tutte le varie metodiche complementari, più o meno consapevolmente, si trovano a dover affrontare tale problema utilizzando percorsi diversi. L’introduzione e l’integrazione della dimensione spirituale nella pratica medica quotidiana rappresentano ciò che manca alla medicina classica.[5]
Il riconoscimento della correlazione tra sistema psichico, neurologico, endocrino ed immunitario portato avanti dalla Psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI), è un avvicinamento al riconoscimento della costituzione unitaria dell’uomo (corpo-mente-spirito).[6]
La vita di ogni persona, la possibilità di esprimerla nelle condizioni migliori, la salute, l’ambiente dove la persona conduce la propria esistenza, sono anch’essi valori da tutelare e difendere.
Se la propria professione pone gli obblighi morali posti in evidenza dal Codice Deontologico, dall’altra esistono i diritti/doveri del paziente di migliorare le proprie condizioni di salute: in questo gioco di ruoli, i principi di autonomia, beneficialità, non maleficienza, giustizia, non sono i soli che debbono essere rispettati e tutelati.[7]
Tutta la Medicina, nei suoi diversi aspetti, deve essere “inserita organicamente in una visione ecumenica della scienza, nella quale coesistono diverse metodiche mediche e terapeutiche pronte ad offrire ognuna i propri strumenti per il progresso della scienza della vita e per una maggiore efficacia nella lotta contro le malattie. Tra le diverse metodiche non esisterebbero confini netti ma zone di metodi integrati”.[8]
La medicina convenzionale, si occupa dell’uomo in quanto luogo di reazioni chimiche, considerato alla stregua di un insieme di condotti e pompe, isolato da ciò che lo circonda. La possibilità di  descrivere matematicamente in una formula ogni evento fisico e chimico è possibile soltanto se si fa tendere a 0 il valore delle variabili che interferiscono in un sistema.
L’uomo, in realtà, non può essere ridotto al suo aspetto materiale: il suo corpo esprime, manifestandola, tutta la persona che è individuo costituito anche da una mente e da un’anima.
La medicina olistica, prende in esame l’uomo nella sua complessità e totalità: egli non è un insieme di singoli pezzi sostituibili, ma è un complesso costituito da corpo-mente-spirito, che mai può essere isolato dal suo vissuto e dal mondo che lo circonda.
In questa concezione è difficile considerare leciti quegli eventi legati al “progresso” della medicina, quali clonazione, sperimentazione su embrioni, espianti da individui morti solo per una diagnosi di morte cerebrale registrata da un’informazione elettrica (elettroencefalogramma) e non elettromagnetica, aborto, etc.
La Medicina deve poter progredire ma una sperimentazione, ad esempio, oltre ad essere progettata in modo idoneo, oltre ad un consenso informato regolarmente ottenuto, dovrebbe considerare che i gruppi di pazienti “omogenei”, nonostante presentino la stessa patologia, sono, se presi singolarmente, una realtà medica differente ed ogni conquista della scienza deve essere riconosciuta valutandola alla luce del singolo evento e considerando non la sua assolutezza e certezza.
Ogni valore e principio etico nello sviluppo e pratica della medicina deve sempre essere preso in esame e stimato, affinché essa possa essere ritenuta la Medicina dell’Uomo.


[1] Reale, G.: op.cit. pag. 59.
[2] Popper, Karl: The Logic of Scientific Discovery, Hutchinson, 1959. Tr.it. La logica della scoperta scientifica. Il carattere autocorrettivo della scienza. Ed. Einaudi, Torino, 1995.   
[3] Kuhn, Thomas S.: The Structure of Scientific Revolutions. Chicago University Press, 1962. Tr.it. La struttura delle rivoluzioni scientifiche. Come mutano le idee della scienza. Ed. Einaudi, Torino, 1995.
[4] Rose, Steven: Linee di vita. Oltre il determinismo della scienza. Garzanti Libri, Italia, 2001, pag. 67.
[5] Roche De Coppens P.: Medicina e spiritualità. Incontro del secolo. Guna Editore, Milano, 2003.
[6] Bottaccioli F.: Psiconeuroimmunologia. La grande connessione tra psiche, sistema nervoso, sistema endocrino e sistema immunitario. Edizioni Red, Como, 1995.
[7] Gallo M.L.: op. cit., pag. 59.
[8] Bangrazi A.: Pratiche terapeutiche tradizionali. Da: Romano C., Grassoni G.: Bioetica. Ed. UTET, Torino 1995, pagg. 522-523.

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